La Commissione europea apre un’investigazione antitrust su Google
novembre 30, 2010 alle 8:05 PM | Pubblicato su CONSUMATORI, DIRITTO, INTERNET | 3 commentiTag: antitrust, Google, Google e Commissione europea, Investigazione antitrust su Google
Si tratta solo dell’apertura di un’indagine ma la notizia è di estremo rilievo e penso che ne parleremo ancora molto nel prossimo futuro, di seguito maggiori dettagli:
Antitrust: Commission probes allegations of antitrust violations by Google
The European Commission has decided to open an antitrust investigation into allegations that Google Inc. has abused a dominant position in online search, in violation of European Union rules (Article 102 TFEU). The opening of formal proceedings follows complaints by search service providers about unfavourable treatment of their services in Google’s unpaid and sponsored search results coupled with an alleged preferential placement of Google’s own services. This initiation of proceedings does not imply that the Commission has proof of any infringements. It only signifies that the Commission will conduct an in-depth investigation of the case as a matter of priority.
Google’s internet search engine provides for two types of results when people are searching for information. These are unpaid search results, which are sometimes also referred to as “natural”, “organic” or “algorithmic” search results, and third party advertisements shown at the top and at the right hand side of Google’s search results page (so-called paid search results or sponsored links).
The Commission will investigate whether Google has abused a dominant market position in online search by allegedly lowering the ranking of unpaid search results of competing services which are specialised in providing users with specific online content such as price comparisons (so-called vertical search services) and by according preferential placement to the results of its own vertical search services in order to shut out competing services. The Commission will also look into allegations that Google lowered the ‘Quality Score’ for sponsored links of competing vertical search services. The Quality Score is one of the factors that determine the price paid to Google by advertisers.1
The Commission’s probe will additionally focus on allegations that Google imposes exclusivity obligations on advertising partners, preventing them from placing certain types of competing ads on their web sites, as well as on computer and software vendors, with the aim of shutting out competing search tools. Finally, it will investigate suspected restrictions on the portability of online advertising campaign data to competing online advertising platforms2.
La posizione ufficiale di Google sulla questione è per ora la seguente:
“Sin da quando l’azienda è stata creata, ci siamo impegnati per fare la cosa giusta per i nostri utenti e per il nostro settore: abbiamo fatto in modo che la pubblicità fosse sempre chiaramente indicata come tale, abbiamo fatto in modo che gli utenti possano trasferire i propri dati in modo semplice quando decidono di passare ad altri servizi e abbiamo investito pesantemente in progetti open source. Tuttavia, ci sarà sempre spazio di miglioramento e quindi lavoreremo con la Commissione per affrontare le loro preoccupazioni.”
Ulteriori approfondiomenti si trovano in post pubblicato nello European Public Policy Blog di Google
Passo e chiudo per il momento …
Altroconsumo sta con i pendolari
novembre 29, 2010 alle 2:53 PM | Pubblicato su CONSUMATORI, DIRITTO | 1 commentoTag: Altroconsumo, Cause a trenitalia, Disservizi ferroviari+, Freccia rotta, Pendolari, Trenitalia

Altroconsumo: Ferrovie, inchiesta pendolari insoddisfatti. Oltre 1400 utenti giudicano 25 tratte su Roma, Napoli e Milano. Partono le cause civiliLa peggiore è la tratta Piacenza-Milano, dove il 100% dei pendolari è insoddisfatto del servizio ferroviario. Segue Bergamo-Carnate-Milano. L’area di Roma esprime il malcontento più esasperato, con il 79% di insoddisfatti e la maglia nera consegnata alle tratte Frosinone-Roma e Fara Sabina-Roma.
Nel complesso dell’indagine ciò che più esaspera i pendolari (l’89%) è la pulizia inesistente: sporcizia sui sedili e nelle carrozze, cattivo odore, vetri e bagni in condizioni antigieniche, presenza di rifiuti. di più qui
Segnalo inoltre che se sei un pendolare della tratta Piacenza-Milano oppure Bergamo-Carnate-Milano e subisci quotidianamente le inefficienze e i disservizi di Trenitalia puoi iscriverti a questo form. Per i casi più gravi, Altroconsumo offre assistenza legale gratuita per richiedere il risarcimento danni a Trenitalia davanti al Giudice di Pace.
Opt-in Dystopias
novembre 25, 2010 alle 7:37 PM | Pubblicato su CONSUMATORI, DIRITTO, INTERNET | 3 commentiTag: online privacy, opt out, opt-in, privacy
Riporto di seguito la mia prefazione al bell’articolo Opt-in Dystopias di Nicklas Lundblad e Betsy Masiello, originariamente apparso sulle pagine di SCRIPTed, volume 7, 1 aprile 2010, e ora ripubblicato su Consumatori Diritti e Mercato 3/2010, leggibile anche qui online.
Buona lettura e attendo commenti of course !
La libertà di scelta dell’utente è e deve rimanere un principio cardine indiscutibile, ai consumatori va dunque sempre garantito, anche nell’ambiente virtuale, il controllo sulla raccolta e l’utilizzo dei loro dati personali. È invece sulle modalità di implementazione pratica di questa Grundnorm per quanto concerne la tutela della privacy online che il pur vivace ed acceso dibattito, sclerotizzatosi ormai da troppo tempo sulla dicotomia un po’ grossolana e molto ideologica tra sistemi di opt-in e opt-out, non è stato ancora in grado di fornire soluzioni conclusive ed appropriate.
A prima vista, in effetti, l’opt-in potrebbe sembrare sempre la soluzione migliore e più garantista a tutela dei consumatori e dei loro dati personali, tuttavia, ad un esame più approfondito e soprattutto nel passare dalla teoria alla pratica, risulta chiaro che il suo utilizzo generalizzato nei diversi contesti relativi alla raccolta delle informazioni online può provocare una serie di fastidiosi effetti collaterali non garantendo in concreto una efficace tutela della privacy dell’utente. Insistere dunque, con un approccio semplicistico, sull’opt-in quale unico modello possibile rischia di rivelarsi in definitiva addirittura controproducente per gli stessi interessi dei consumatori se solo si considera che la raccolta dei dati online può avere caratteristiche molto diverse a seconda delle fattispecie e che gli stessi concetti di identificabilità e anonimato sono relativi, vanno contestualizzati e non possono essere sempre gli stessi per i social network, l’online advertising, i motori di ricerca e i servizi di accesso a Internet.
È in tale ottica che si inquadra il contributo fornito da questo articolo i cui autori, pur riconoscendo che esistono ancora contesti specifici ove, considerata la particolare sensibilità dei dati, l’opt-in continua ad essere probabilmente il modello ottimale, allo stesso tempo avanzano più in generale una serie di convincenti argomentazioni in favore di sistemi di opt-out progettati in modo da consentire contrattazioni ripetute tra utenti e fornitori dei servizi e, in quanto tali, in grado di essere riviste e perfezionate successivamente nel corso del tempo.
Quello che si può notare, infatti, nella prassi è che raramente l’opt-in viene presentato come scelta isolata, al contrario molto più spesso, esplicitandosi nella registrazione di un account, l’opt-in viene invece inserito in un negozio strutturato, un vero e proprio contratto che copre in sostanza l’utilizzo di un servizio per un certo lasso temporale con la conseguenza, negativa per l’utente, che questo non consente alcuna ulteriore trattativa con il fornitore del servizio. Dopo l’opting-in l’utente è in grado di effettuare una valutazione del servizio stesso ma a quel punto avrà già completato la negoziazione. Avendo già acquisito l’obbligatorio consenso opt-in il provider non avrà così alcun incentivo per consentire agli utenti di rinegoziare le proprie scelte. L’opt-in rischia dunque di ingabbiare l’utente in una scelta non ripetibile, ex ante, limitata, che si applica per tutta la durata del contratto di servizio comportando effettivi rischi, nel medio-lungo termine per la sua privacy.
A ben vedere i modelli di opt- in hanno, inoltre, l’effetto di creare una struttura a duplice costo per l’utente al quale si richiede contestualmente di prendere due decisioni, con la prima se valga la pena di impiegare del tempo per valutare l’opportunità di acconsentire all’utilizzo dei propri dati personali, con la seconda se il servizio al quale si sta dando adesione è sufficientemente interessante da giustificare l’opt-in. Questa struttura, assente nel modello opt-out, ha l’effetto di imporre all’utente scelte meno informate, la decisione iniziale di acconsentire all’opt-in è, infatti, effettuata senza poter avere adeguata conoscenza del valore che il servizio offre. Al contrario, un modello opt-out che venga continuamente rinegoziato con il fornitore del servizio permette all’utente di avere più ampie informazioni circa il valore del servizio stesso permettendogli di assumere una decisione informata.
Quale conseguenza dell’aumento dei costi di transazione associati all’opt-in si può generare un ulteriore effetto collaterale negativo derivante dal fatto che i fornitori dei servizi sono naturalmente portati a minimizzare il numero di volte in cui il consenso opt-in è richiesto e, in quesi casi, a massimizzare invece la raccolta dei dati. In sostanza una volta che un utente acconsente alla raccolta dei suoi dati, perchè mai non se ne dovrebbero raccoglierne il maggior numero possibile?
Si consideri, poi, che l’utilizzo generalizzato del metodo opt-in può condurre a consistenti effetti di desensibilizzazione negli utenti che, chiamati ad esprimere il loro consenso, rischierebbero di finire per fornirlo in modo quasi automatico senza soffermarsi sul significato di esso. Si pensi, mutatis mutandis, a quanto avviene ad esempio nei c.d. contratti click-wrap che, se non vengono sistematicamente ignorati, sono almeno raramente conclusi con un consenso pieno e consapevole.
Infine, il consistente aumento dei costi di switching conseguenti alla massimizzazione del modello di opt-in potrebbe indurre la proliferazione dei walled garden con effetti negativi per la concorrenza ed il valore trasferito ai consumatori. Come è noto, infatti, un certo livello di raccolta dei dati è necessario per far funzionare molti dei servizi web attualmente più popolari che richiedono la registrazione dell’account, quali ad esempio i social network. Se questi servizi rimangono aperti e basati sull’opt-out, vi sono incentivi perché agli utenti sia fornita la migliore esperienza possibile, altrimenti porterebbero le loro informazioni altrove su altri siti. Quando, invece, sono chiusi e basati sul metodo opt-in, aumenta il rischio del fenomeno lock-in attraverso il quale i provider rendono difficile agli utenti effettuare uno switching verso altri servizi analoghi.
Mangostano: l’Antitrust avvia una procedura per pratiche commerciali scorrette
novembre 25, 2010 alle 6:08 PM | Pubblicato su CONSUMATORI, DIRITTO | 32 commentiTag: Altroconsumo, antitrust, mangostano, pratiche commerciali scorrette, Xango
Come annuncia oggi Altroconsumo:
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato avvia una procedura contro Xango, bevanda al succo di mangostano che non può fare miracoli.
Ora spero che distributori, incaricati e “amici” di Xango e del Mangostano non mi intasino di nuovo il blog, come avevano fatto per il precedente post, con commenti in buona parte offensivi, addirittura con strane commistioni presentandosi attraverso lo stesso indirizzo email prima con una personalità e poi con un’altra ! Come ho già detto precedentemente capita spesso nella vita di avere punti di vista differenti, l’importante è mantenere il rispetto reciproco e la correttezza.
L’Autorità ha avviato dunque il procedimento e deciderà sentendo anche l’azienda interessata, ovviamente quando ci sarà un esito definitivo questo blog lo riporterà. Per adesso saluti e baci e non costringetemi a chiudere di nuovo i commenti, please
Aih aih aih Easy-Download sanzionato … e ora che aspettano a pubblicare la decisione sul sito ?!
novembre 17, 2010 alle 5:43 PM | Pubblicato su CONSUMATORI, DIRITTO, INTERNET | Lascia un commentoTag: antitrust, Easy-download, pratiche commerciali scorrette, pubblicazione della decisione sul sito, sanzione
Eravamo stati tra i primi a segnalare tutto all’Antitrust, che aveva provveduto ad aprire un procedimento contro il sito Easy-download, sito per scaricare programmi, che in realtà faceva scattare un abbonamento: ora è arrivata finalmente la sanzione (piuttosto salata) per pratica commerciale scorretta: ben 960.000 euro. Segue qui
segnalazioni pervenute all’Autorità in pochi mesi e delle numerosissime
richieste di intervento che continuano a pervenire in merito alla pratica
commerciale di cui al punto II, sub b), si rende necessario disporre la
pubblicazione di un estratto della delibera a cura e spese del professionista,
ai sensi dell’art. 27, comma 8, del Codice del Consumo, al fine di impedire
che detta pratica commerciale continui a produrre i propri effetti. La
pubblicazione per estratto della delibera, in considerazione dei mezzi
informatici utilizzati per la realizzazione delle condotte e della durata delle
stesse, dovrà avvenire sul sito del professionista per trenta giorni consecutivi
dall’avvenuta notificazione del presente provvedimento, sia nella home page
del sito www.easy-download.info , sia nella pagina di registrazione
Ora, se vi fate un giro sul sito potete notare che non hanno ancora pubblicato alcun estratto del provvedimento, che aspettano ? Auspicherei una ulteriore sanzione per ogni giorno di ritardo …
AGCOM, se è vero i pirati rischiate di essere voi …
novembre 12, 2010 alle 9:08 PM | Pubblicato su CONSUMATORI, DIRITTO, INTERNET, PROPRIET INTELLETTUALE | 2 commentiTag: Agcom, Pirateria, Telecoms Package
Spero che quanto scrivono Ale, Guido e Fulvio sia frutto di una loro allucinazione collettiva, insomma cosa vi siete fumati ?!
Se non fosse così l’AGCOM dovrebbe chiarire non poche cose e al più presto …
Ricordo, a chi se ne fosse dimenticato che nel Telecoms Package approvato in sede comunitaria e al quale dovrà essere data attuazione in Italia entro la primavera c’è, nella nuova Direttiva Quadro delle Comunicazioni Elettroniche, un art. 1 comma 3 che, se fosse vero quello che dicono Guido, Ale e Fulvio, parrebbe proprio che in AGCOM non abbiano letto o perlomeno non abbiano compreso, per vostra comodità ne incollo di seguito il testo:
“Measures taken by Member States regarding end-users’ access to or use of services and applications through electronic communications networks shall respect the fundamental rights and freedoms of natural persons, as guaranteed by the European Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms and general principles of Community law.
Any of these measures regarding end-users’ access to or use of services and applications through electronic communications networks liable to restrict those fundamental rights or freedoms may only be imposed if they are appropriate, proportionate and necessary within a democratic society, and their implementation shall be subject to adequate procedural safeguards in conformity with the European Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms and general principles of Community law, including effective judicial protection and due process. Accordingly, these measures may only be taken with due respect for the principle of presumption of innocence and the right to privacy. A prior fair and impartial procedure shall be guaranteed, including the right to be heard of the person or persons concerned, subject to the need for appropriate conditions and procedural arrangements in duly substantiated cases of urgency in conformity with the European Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms. The right to an effective and timely judicial review shall be guaranteed.”
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